Andrea Macaluso è attore, regista e creatore de Il Lavoratorio – Teatro, musica, danza e affini, un giovane spazio culturale dedicato alle arti performative a Firenze. Il Lavoratorio è una casa comune, dove gli artisti si confrontano e crescono insieme, le diverse discipline si contaminano e le persone condividono suggestioni ed emozioni.
Mi racconti un po’ la storia dello spazio?
Il luogo nasce con mio nonno, che nel primo dopoguerra ebbe lì la sua ditta di produzione di borse in pelle. Quest’attività nata negli anni del boom economico riscosse un grande successo, andando a radicarsi nella tradizione artigianale fiorentina. La ditta rimase aperta fino al 1970, quando dovette chiudere perché gravemente colpita dall’alluvione del 1966 che distrusse tutte le pelli e i materiali. Lo spazio dal 1970 ad oggi è stato poi affittato ad un artigiano e infine da circa due anni è tornato nelle mani di famiglia.
Da dove deriva la scelta del nome?
In famiglia si è sempre chiamato così: il “Lavoratorio” del nonno Mario, e ho pensato che fosse bello e giusto mantenere questa versione antica, fiorentina della parola. Poi, ispirandomi al nome ufficiale della ditta: Ditta Mario Gianassi borse in pelle per signora, cartelle da scuola, da legali e affini, ho voluto conservare anche il termine «affini»: Il Lavoratorio – Teatro, musica, danza e affini; un modo per dare spazio ad altri tipi di iniziative legate alle arti performative, non solo al teatro: letteratura, cinema, mostre e così via. L’intento insomma è di far risorgere l’antico lavoratorio artigianale sotto il segno di un altro tipo di “artigianato”: quello legato alle arti della scena.
Da fabbrica di pelli a laboratorio di arti performative. Come nasce la tua idea?
Con la voglia di provare a creare qualcosa in cui mi riconoscessi profondamente, ovvero uno spazio teatrale dove la qualità è curata così come lo sono i rapporti umani. Ho conosciuto luoghi simili in alcune città italiane e anche all’estero e penso che anche Firenze possa accogliere una realtà di questo tipo. Grazie alla preziosa collaborazione con Elena Elia, comunicatrice di professione che si occupa con me del progetto e cura in particolare la promozione delle nostre attività, ho immaginato una casa delle arti performative dove lo scambio e l’incontro sia possibile, dove gli artisti possano confrontare i loro percorsi e condividerli con un pubblico attento e interessato, e si crei la possibilità, non solo di assistere a uno spettacolo, ma di vivere una vera e propria esperienza.
A questo proposito, mi spieghi il sistema delle residenze artistiche?
Crediamo profondamente nella necessità di supportare progetti indipendenti di grande qualità. Così cerchiamo di scegliere con cura alcune proposte artistiche che hanno necessità di essere sostenute e mettiamo loro a disposizione il nostro spazio. Agli artisti stessi chiediamo di condividere con il pubblico dei soci una prova aperta del loro lavoro e questa è spesso una preziosa occasione di confronto con il pubblico e viceversa. Tutto ciò per me significa mettere in pratica concretamente il senso profondo di questo luogo: perché il Lavoratorio, come dice il nome stesso, è luogo dove si lavora, fucina di idee, atelier, cantiere, dove c’è la possibilità di presentare spettacoli compiuti ma anche e soprattutto di portare avanti progetti in via di sviluppo.
Quanto è difficile economicamente portare avanti un progetto di questo tipo?
In questo momento storico per un’iniziativa culturale pensare di provare a contare solo sulle proprie forze è un’impresa a dir poco ardua. I risultati ad un anno dall’apertura sono però incoraggianti, l’associazione si autosostenta e questo ci è di grande stimolo perché ci sembra di aver suscitato un notevole entusiasmo e di aver trasmesso una sincera passione.
Quanto pesa la formazione all’interno dell’attività gestionale e artistica del Lavoratorio?
Sicuramente è parte fondamentale dell’attività. Organizziamo corsi settimanali di recitazione, lettura espressiva e movimento dedicati ad adulti e a ragazzi. Inoltre, durante il fine settimana, proponiamo seminari intensivi tenuti da artisti ed esperti del settore dedicati a professionisti e aspiranti tali.
Qualche anticipazione sulla stagione 2017-2018?
Abbiamo inaugurato la stagione con Pinocchi, una versione molto particolare del capolavoro di Collodi con Giusi Merli, Michele Demaria e Mila Vanzini, di cui ho curato la regia. Avremo poi Giuliana Musso, grande protagonista del teatro di narrazione, con Odiare Medea, Gianna Deidda con Intervista a Maria e Miriam Bardini con un progetto dedicato all’infanzia: una Cenerentola cinese. Ad anno nuovo, altri nomi importanti: Alessandro Fullin, Marta Cuscunà, Monica Demuru e altri ancora. Per quanto riguarda la formazione, seminari di grande prestigio tenuti da Renata Palminiello e Leonardo Capuano. Ci sarà spazio anche per il cinema con il cortometraggio vincitore del David di Donatello 2017, A casa mia, alla presenza del regista Mario Piredda.
Tre aggettivi che descrivano il Lavoratorio?
Aperto, curioso e libero.
Nel 2016, secondo l’Yearbook of Entertainment Activity della Siae, il fatturato dell’attività teatrale è stato di 493.736.245 €. Nonostante ci sia stato un aumento del 13,8% rispetto al 2015, il valore dell’attività teatrale all’interno dell’industria dell’intrattenimento italiana è al quinto posto dopo sport (2.640.130.411 €), danza-concerti (1.081.496.357 €), attività cinematografica (812.685.558 €) e fiere-mostre (564.177.553 €). Il fatturato generato dalle regioni del Nord-Ovest è 5 volte superiore a quello delle Isole. Inoltre, il fatturato della sola Lombardia (122.082.426 €) è superiore a quello dell’intero Centro Italia. È dunque di fondamentale importanza che continuino ad esistere e ad essere incentivati luoghi che come Il Lavoratorio, sappiano attraverso la contaminazione delle discipline, attirare target e pubblici più ampi e diversi possibili.

- Photo courtesy: Il Lavoratorio – Teatro, musica, danza e affini
Francesca Ordiligi